Communicating cultural heritage



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Giulio Rossi viene stampato un libretto, di tono 

didascalico, dal titolo 

Spiegazione di quanto si 

rappresenta in Pittura nel nuovo Ornato della 

Cappella Consegrata alla Gloriosa Sant’Anna en-

tro la chiesa a di Lei onore dalli RR. PP. Cartu-

siani eretta in Bologna nella Strada di Sant’Isaia.

A quel tempo la fama dell’artista, divenuto Ac-

cademico Clementino, aveva raggiunto il culmi-

ne, accompagnandolo nei suoi numerosi viaggi 

che lo condussero a lavorare anche a Versailles 

per il duca d’Aumont e per lo stesso Luigi XIV. 

Nell’oratorio erano presenti tre pale d’altare, 

incorniciate da ricchi stucchi dorati, tra cui la più 

significativa era quella all’altare maggiore, opera 

di Bartolomeo Cesi, oggi a Viadana. 

Spetterà al priore Fulgenzio Mandini, intorno al 

1750, avviare i lavori della sagrestia, ornandola 

di un ciclo di nove tele incorniciate da candidi 

stucchi ovali, qui attribuite per la prima volta 

ad Ercole Graziani il giovane ed alla sua scuola. 

Insieme ai dipinti erano anche sculture, identi-

ficabili con buona probabilità con i 

Quattro Evangelisti 

conservati all’interno del Liceo, attribuibili ad un abile 

plasticatore bolognese, forse riconducibile alla mano di 

Angelo Gabriello Piò. 

Dell’antico ospizio certosino il Liceo conserva ancora la 

campana di bronzo, 

che suonava la sveglia e regolava 

la vita di quei pochi religiosi, fatta fare in seguito a un 

voto per la guarigione della madre di un canonico di San 

Pietro, come si legge sulla campana stessa: 

anno

 

sal



mccccci


 

d



hieronymus

 

calderini



 

canonic


/

us

 



santi

 

petri



 

helena


 

matre


 

vidva


 

percurante

 

dicavit


.

Si ha inoltre notizia che nel 1642 Guercino, il grande 

pittore, si recò 

in giorno festivo presso l’Ospizio per 

vedere una pala di Guido Reni, lasciata incompiuta per la 

sopraggiunta morte.

Matteo Evangelista, 

attribuibile ad

Angelo Gabriello Piò



intr

o

1860-



1880

micr


ostorie

tr

a ’800 e ’900



1915-

1918


anni ’20 e ’30

1940-


1945

oggi


23

Diventare maestre (e maestri) 

nell’Italia unita

5

In un paese che al momento dell’unificazione contava 



analfabeti l’84% delle donne e il 72% degli uomini, la 

classe dirigente avvertiva acutamente il problema della 

formazione delle maestre e dei maestri. Nel sistema 

scolastico del Regno di Sardegna (Legge n. 3735 

“Casati”, 13 novembre 1859), e poi di tutta l’Italia unita 

(Regio Decreto n. 4151, 24 giugno 1860, aggiornato dal 

Regio Decreto n. 315 del 9 novembre 1861, a firma De 

Sanctis, che approva i 

Programmi e il Regolamento per 

le Scuole Normali e magistrali) per diventare maestre e 

maestri occorreva frequentare la Scuola Normale.

Per accedere alla Scuola Normale occorreva aver com-

piuto i 15 anni per le alunne e i 16 per gli alunni; posse-

dere un 


attestato del Consiglio delegato del Comune o 

dei Comuni in cui l’aspirante ebbe domicilio per tre anni 

che lo dichiari di distinta moralità, degno di dedicarsi 

all’insegnamento; avere un attestato medico compro-

vante che 

non abbia alcuna malattia o alcun difetto 

corporale che lo rendano inabile all’insegnamento (Legge 

Casati, art. 364), cui l’Intendenza generale di Bologna

con peculiare preoccupazione sanitaria, aggiunge il requi-

sito 


di avere subito vaiolo naturale o di averne ricevuto 

l’innesto; infine era richiesto il superamento dell’esame di 

ammissione. 

Per il primo anno, in forma transitoria, il Decreto del 24 

giugno 1860 (art. 63) prevede esami differenti per le 



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ragazze e per i ragazzi: per le pri-

me le prove vertono sulle 

materie 


contenute nel programma della 

terza elementare, per i maschi 

sulle materie del programma di 

quarta. 


Anche per le Scuole Normali di 

Bologna e Parma il Regio Decreto 

istitutivo (31 luglio 1860) man-

tiene la medesima differenza di 

difficoltà cui sottoporre le ragazze 

e i ragazzi: per le aspiranti mae-

stre l’esame è molto semplice (e lo 

si sottolinea, a scopo incentivante, 

anche sul «Monitore di Bologna» 

n. 287 nel divulgare la notizia 

dell’apertura della scuola) e consi-

ste infatti solo nel dare saggio di 

leggere correttamente e di scrivere sotto dettatura con 

ortografia; per gli aspiranti maestri, invece, la prova con-

siste 

in un saggio di composizione italiana, e nell’esporre 



le principali regole grammaticali. Dall’anno scolastico 

1862-1863, dopo l’approvazione del Regio Decreto del 9 

novembre 1861, l’esame diviene il medesimo per entram-

bi i sessi: 

una composizione scritta, e una prima prova 

orale di mezz’ora sulle prime regole della grammatica, 

sulle prime operazioni dell’aritmetica pratica, sul catechi-

smo e sulla storia sacra (art. 11). 

Nei primi anni, tuttavia, per far fronte al bisogno di 

maestre e maestri si scelse di essere indulgenti sulla loro 

preparazione: ad esempio nel Consiglio degli insegnanti 

della Scuola Normale di Bologna in un primo tempo 

(verbale del 19 gennaio 1862) si delibera di non ammet-

tere le alunne per la loro scarsa preparazione, poi il 6 

febbraio lo stesso Provveditore afferma che 

se si tendes-

se di troppo applicare tale deliberazione si farebbe cosa 

Manifesto dell’In-

tendenza generale di 

Bologna che annuncia 

l’apertura della Scuola 

Normale per le allieve 

Maestre

 ed elenca i 



requisiti di ammissio-

ne (Archivio di Stato 

di Bologna). Si noti 

la peculiare preoccu-

pazione sanitaria, per 

la quale ai requisiti 

stabiliti nel 1859 

dalla Legge Casati si 

aggiunge la richiesta 

del certificato di avere 

subito vaiolo naturale 

o di averne ricevuto 

l’innesto



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