Rassegna stampa martedì 25 febbraio 2014 esteri



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BENI COMUNI/AMBIENTE



del 25/02/14, pag. 5



Galletti, nuclearista di ferro e sponsor dei privati

Andrea Palladino

La famiglia il neoministro all’ambiente Gianluca Galletti la tiene in grande considerazione. Ovviamente quella tradizionale, con tanti figli, rigorosamente etero e possibilmente consacrata in chiesa. Anche per questo nella sede bolognese dell’associazione famiglie numerose in queste ore stanno festeggiando: l’uomo scelto da Matteo Renzi per salvare il salvabile del disastrato ambiente italiano è uno di loro, un associato di vecchia data. Un politico che nel 2010 spiegava a Radio città del capo: «Io nell’accesso ai servizi chiederei un correttivo a favore delle coppie sposate. I Dico all’emiliana hanno dimostrato di non funzionare nei fatti».

Per scendere sul piano più politico e professionale il neo ministro Galletti è un pezzo importante dell’Udc, vicino a Pierferdinando Casini, con una nota sua fede centrista. Vanta, poi, un curriculum di ferro nel campo delle multiutility, ovvero quelle società per azioni che gestiscono — come recita uno slogan della francese Suez — «l’essenziale per la vita»: dall’acqua ai rifiuti, passando per l’energia e i servizi pubblici locali. Quelle stesse società che in questi mesi stanno chiedendo l’aumento delle bollette dell’acqua e dei servizi. Per tutti, famiglie numerose o semplici coppie, etero o meno. Tutti temi, questi, che ora troverà sul suo tavolo di ministro.

Ben noto a Bologna è il suo no deciso al referendum sull’acqua pubblica del 2011, che vide la vittoria del fronte del sì con più di 27 milioni di voti. Nei dibattiti che avevano preceduto l’appuntamento referendario, Gianluca Galletti aveva sostenuto il mantenimento del principio del profitto per le società per azioni. D’altra parte il suo partito è sempre stato vicino al principale azionista della multinazionale Acea, quel Caltagirone che oggi è l’industriale del settore acqua e rifiuti in decisa ascesa. «Nessuno fa niente per niente — spiegava Galletti a «Radio anch’io» nel 2011 — il ritorno economico sotto forma di remunerazione del capitale investito i privati lo chiederanno. Ma attenzione — aggiungeva — anche il pubblico se investe ha bisogno di remunerare quel capitale investito». Ora che il referendum ha abrogato quel principio, un ruolo chiave, all’interno delle politiche di governo, lo ha proprio il ministero dell’Ambiente, anche se il dossier della tariffa è passato all’autorità per l’energia. Sul tema della tariffa dell’acqua — e sui profitti per i gestori — il neo ministro per l’ambiente ha idee chiarissime: «C’è la questione degli interessi finanziari — spiegava a «Radio anch’io» — e sotto questo aspetto non cambia assolutamente nulla». Con un paradosso, che lo porta ad affermare la necessità di «più mercato», in netta opposizione con il voto referendario: «Se l’acqua la gestisce il pubblico siamo in un regime di monopolio. Ed è vero quello che gli economisti ci insegnano da decenni, nella concorrenza il prezzo è più basso, la qualità è migliore, il monopolio gonfia la rendita del monopolista». Dimentica che la gestione delle risorse idriche è un monopolio naturale, dove proprio il privato ha giocato un ruolo chiave dal 1994 ad oggi. Proprio grazie alle privatizzazioni che ha sempre difeso.

Sui temi ambientali Galletti ha le idee chiare, strettamente ancorate al credo dell’Udc. Ad esempio sul nucleare, che difendeva a spada tratta nel 2010: «Noi stiamo affrontando il problema del nucleare non partendo dalla testa, ma di nuovo dai semplici spot», spiegava durante un’intervista all’emittente bolognese «Radio città del capo». Per poi spiegare: «Quando ci sarà un piano sul territorio che dimostrerà che ci sono dei siti che sono più sicuri, più convenienti di altri, a quel punto se uno di questi siti fosse in Emilia Romagna io assumo la mia responsabilità, non avrei timore a metterlo in Emilia Romagna». Per fortuna dei bolognesi il referendum e Fukushima hanno fermato il suo spiccato «senso di responsabilità».

Ora che è al governo, Galletti troverà dossier che si incrociano con il suo passato professionale e politico. Ad iniziare dall’emergenza dei rifiuti a Roma, dove il potente Caltagirone potrebbe giocare un ruolo non secondario. O come le bonifiche, tema urgente e delicato, dove la società del ministero dell’ambiente Sogesid sta giocando un ruolo strategico. Un lavoro da Renzi team.



Del 25/02/2014, pag. 21



Il guardiano elettronico delle foreste “Diamo la caccia a chi disbosca la Terra”

Il Global Forest Watch di Google: ogni minuto scompare l’equivalente di 50 campi di calcio

SILVIA BENCIVELLI

LO SGUARDO di Google sulle foreste della Terra: una spia supertecnologica al servizio della lotta ai cambiamenti climatici. Grazie alle tecnologie di Google Map e Google Earth è nato il sistema Global Forest Watch, allerta nel sorvegliare l’andamento del verde del pianeta e già capace di darcene una mappa (quasi) in tempo reale. Il sistema, coi mille occhi dei satelliti in orbita, osserverà dall’alto deforestazioni e incendi e permetterà di seguire con precisione lo stato di salute dei polmoni verdi della Terra. Non solo: consentirà di scovare le aree di deforestazione clandestina e di mettersi alla caccia dei responsabili. Ma soprattutto, in perfetto stile Google, le informazioni di Global Forest Watch sono già a disposizione di tutti su internet. E la speranza è che a utilizzarle siano soprattutto le istituzioni, nella programmazione di politiche di difesa del territorio e dell’ambiente.

Il database di Global Forest Watch è partito dalle immagini satellitari raccolte in più di quaranta anni di ricerca dall’Usgs (United States Geological Survey) e dalla Nasa coi satelliti Landsat: mezzo miliardo e passa di immagini ad alta risoluzione. Questa enorme massa di dati è stata riordinata grazie alla potenza del cloud computing di Google Earth e a nuovi algoritmi sviluppati per l’occasione dagli scienziati dell’università del Maryland guidati dal geografo Matthew Hansen. A gestire il tutto, il World Resources Institute, un istituto americano sostenuto coi soldi di fondazioni, aziende, enti governativi interessati alla protezione dell’ambiente. Il risultato è oggi una mappa che viene aggiornata con cadenza mensile con una risoluzione di 500 metri, focalizzata sulle foreste tropicali, e a cadenza annuale con una risoluzione di trenta metri che comprende tutte le aree verdi del pianeta. Per esempio, dalla mappa si vede molto bene l’impatto delle coltivazioni di palme da olio in Indonesia, o la minaccia per la biodiversità che affligge in maniera drammatica il Congo e tutto il centro Africa. Ma si vedono anche le buone notizie provenienti dal Brasile, che pur essendo ancora tra i maggiori deforestatori al mondo ha visto ridurre il tasso di distruzione dei suoi polmoni verdi di più di mille chilometri quadrati all’anno nell’ultimo decennio (salvo una piccola ripresa osservata nel 2013). Del resto, il Brasile ha adottato da tempo una politica di difesa delle risorse naturali che si avvale, anche, di satelliti e della partecipazione attiva delle popolazioni locali. E anche questo è evidente nella mappa interattiva: laddove si siano prese iniziative efficaci e reali di tutela dell’ambiente, gli effetti possono essere seguiti nel tempo. Si possono quindi vedere anche le zone dove gli alberi hanno ricominciato a crescere, perché ripiantati o perché liberi di tornare a occupare suolo. Un report dei ricercatori del Global Forest Watch pubblicato su Science un anno fa anticipava il calcolo ottenuto dallo studio dei dati satellitari raccolti tra il 2000 e il 2012 su scala globale: 230 milioni di ettari di foresta persi, per incendi, disboscamenti

e cause naturali come le malattie delle piante, cioè 50 campi di calcio al minuto ogni giorno, tutti i giorni dell’anno. E, nello stesso periodo, 80 milioni di ettari di nuova foresta guadagnati. Il bilancio è impietoso: si tratta della perdita netta di 150 milioni di ettari in dodici anni, circa cinque volte la superficie dell’Italia. “Ma da domani Global Forest Watch cambierà il modo in cui gli uomini e i loro affari utilizzano le foreste – ha promesso Andrew Steer del WordlResourcesInstitute – I bad guys( cioè i cattivi, i disboscatori) da adesso non potranno più nascondersi”.




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