Rassegna stampa martedì 25 febbraio 2014 esteri



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LEGALITA’DEMOCRATICA


del 25/02/14, pag. 11



Lettera a Riina: “Zitto, ci pensiamo noi”

FIRMATA “FALANGE ARMATA”, COME LE RIVENDICAZIONI DELLE STRAGI DEL ‘92- ‘93. I GIUDICI: “È INQUIETANTE”

di Sandra Rizza

Palermo


Prima le minacce: “Chiudi quella maledetta bocca e ricorda che i tuoi familiari sono liberi”. Poi le rassicurazioni: “Per il resto stai tranquillo, ci pensiamo noi”. E infine la firma: “Falange Armata”. E ora l’intero apparato dell’intelligence antimafia è nuovamente al lavoro per decifrare il messaggio indirizzato al boss Totò Riina, detenuto nel carcere di Opera e autore nei mesi scorsi di numerose esternazioni puntualmente intercettate dalle microspie della Dia. Si tratta di una lettera, recapitata qualche giorno fa all’indirizzo del penitenziario milanese e destinata al padrino di Corleone, che porta la firma della ‘Falange Armata’, la misteriosa sigla che con le sue telefonate alle agenzie di stampa rivendicò le stragi del ’92 e del ’93. La missiva non è mai arrivata nelle mani di Riina: dopo esser stata sequestrata, è stata immediatamente girata alle procure di Palermo e Caltanissetta, dove in queste ore il suo contenuto è all’esame degli analisti più esperti. In un clima che a Palermo si fa sempre più teso: dopo l’allarme sotto casa del procuratore Francesco Messineo, un’altra emergenza è scattata ieri mattina per una 600 gialla, risultata rubata, parcheggiata nei pressi dell’a b itazione dell’ ex procuratore aggiunto Antonio Ingroia. La strada è stata transennata, sono intervenuti gli artificieri, e l’allarme è rientrato dopo qualche ora. Adesso l’interrogativo più rilevante riguarda il mittente della lettera a Opera. Dopo vent’anni di silenzio, infatti, la famigerata sigla che dal maggio del ’90 al ’94 terrorizzò il Paese con oltre 500 rivendicazioni di attentati, sequestri e intimidazioni, ricompare dal nulla con l’obiettivo apparente di ordinare lo stop agli sfoghi del capo dei capi di Cosa nostra, facendogli arrivare quello che in queste ore viene ritenuto il messaggio più inquietante: “Stai tranquillo, ci pensiamo noi”. Un passaggio che se viene collegato all’ordine di morte più volte lanciato da Riina all’indirizzo del pm della trattativa Nino Di Matteo, durante i suoi colloqui nel cortile di Opera con il detenuto pugliese Alberto Lorusso, assume una portata che gli investigatori non esitano a definire “inquietante”. Ma quanto è credibile la firma della ‘Falange Armata’ nella lettera indirizzata al boss? Di certo c’è solo che Di Matteo e i suoi colleghi Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, coordinati da Vittorio Teresi, proprio in queste settimane hanno fatto confluire gli atti dell’inchiesta romana sulla ‘Falange Armata’ nel nuovo filone d’indagine sulla trattativa mafia-Stato.


SOCIETA


del 25/02/14, pag. 9



Il ceto medio arretra, l’Italia si sente più povera

Cresce il numero di chi si colloca nella fascia «bassa» della società e teme per lavoro e pensione



Giulia Pilla

Tra gli effetti della crisi ce n’è uno che promette di farsi strutturale e di cambiare a lungo la composizione sociale del Paese. Si tratta della progressiva erosione del ceto medio. Se ne parla da un po’, e a ricordarlo ci sono le notizie che ogni giorno ci raccontano come un numero crescente di italiani si senta impoverito mentre si fa più forte il peso dell’insicurezza economica considerata la principale preoccupazione, timore rafforzato dall’instabilità politica. A tradurre le paure in numeri arriva il settimo rapporto dell’osservatorio europeo sulla sicurezza della fondazione Unipolis, realizzato da Demos & Pi e Osservatorio di Pavia, che per la prima volta fotografa, appunto, la scomparsa del ceto medio: se otto anni fa nella fascia intermedia economica e sociale vi si collocava il 60% degli italiani, oggi la maggioranza degli interpellati (52%) colloca la propria famiglia nella classe sociale «bassa e medio bassa». Per questo, il 60% dei cittadini ha paura per il futuro dei propri figli e il 67% guarda all’emigrazione come sola speranza per i giovani. In cima ai pensieri troviamo quindi l’insicurezza economica: il 73%degli intervistati la considera un’emergenza e, se la percentuale è di sei punti inferiore a quella rilevata lo scorso anno, il dato rimane ancora di 15 punti più alto rispetto al 2009. Ad alimentare ulteriore sfiducia c’è la politica, considerata incapace di risolvere la crisi: il 68% degli italiani intervistati si dichiara frequentemente preoccupato per l’instabilità politica nazionale con un’estensione della sfiducia all’Unione europea, che ha dalla sua solo un 27% degli italiani. Paura, infine, anche nella sfera personale: l’84% degli intervistati rileva un incremento della criminalità a livello nazionale. «È l’Italia della grande incertezza», sintetizza Ilvo Diamanti, direttore scientifico di Demos, a commento del sondaggio. La società italiana è, a suo dire, caratterizzata dalla «perdita dei riferimenti di valore, istituzionali, normativi che fornisce la politica » ed è ormai «disorientata». E anche il futuro «si è perso nella nebbia della grande incertezza in cui siamo scomparsi ». Non stupisce che la perdita del posto di lavoro sia ritenuta un rischio per quasi il 50% degli intervistati, con un aumento di 12 punti rispetto al 2009. In Francia la percentuale si ferma al 37%, in Germania non arriva al 12% e pure in Spagna è inferiore (47%). Quasi un italiano su 3, in effetti, afferma che qualcuno in famiglia nell’ultimo anno ha perso il lavoro e il 43% indica che un famigliare ha cercato inutilmente un’occupazione. In forte aumento anche il timore di perdere la pensione, timore espresso dal 44%degli intervistati, con un aumento di 16 punti percentuali rispetto al 2009. Negli anni della crisi è salita all’85% la percentuale che ritiene che le disuguaglianze sociali si siano ampliate, con un incremento di 9 punti rispetto a due anni fa. Sull’immigrazione l’atteggiamento è ambivalente: se da un lato il 56% degli intervistati ritiene che contribuisca all’apertura del Paese e l’80% è favorevole allo ius soli, dall’altro un italiano su tre continua a percepire gli immigrati come un pericolo per l’ordine pubblico o minaccia per l’occupazione, con un aumento rispettivamente di 5 e 7 punti. «L’Italia - continua Diamanti - non è più un Paese del ceto medio, È un Paese popolare, in preda ai populismi ».

Del 25/02/2014, pag. 10



La ricerca

Settimo rapporto dell’Osservatorio europeo sulla sicurezza (Demos&Pi e Osservatorio di Pavia)

Italiani sempre più poveri il 52% si sente ormai parte della classe medio-bassa

VLADIMIRO POLCHI

ROMA — Una nebbia densa grava sul Paese. È la «grande incertezza ». Il 73% degli italiani trema per la crisi economica. La disoccupazione angoscia quasi la metà dei nostri concittadini. E la criminalità? Fa paura, ma non più come un tempo. Il nemico più temibile oggi è il politico: è lui lo «straniero più ostico». A mappare le nostre ansie è il settimo rapporto dell’Osservatorio europeo sulla sicurezza, realizzato da Demos&Pi e Osservatorio di Pavia per Fondazione Unipolis. La “graduatoria delle paure” conferma l’intreccio tra insicurezza economica e politica. Il 68% degli italiani afferma di sentirsi frequentemente preoccupato per “l’instabilità della politica”. Appena il 13% ripone fiducia nello Stato (il valore più basso tra Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna e Italia). I temi economici rimangono nelle prime posizioni. Fra tutti, è la perdita del lavoro a occupare la vetta (49%), seguita dalla paura di perdere la pensione (44%). Complessivamente l’insicurezza economica riguarda il 73% degli intervistati: sei punti meno dello scorso anno, ma quindici più del 2009. «Più che di un cambio di tendenza — chiarisce il direttore del rapporto, Ilvo Diamanti — si tratta di una sorta di assestamento, dopo lo choc dell’anno passato, quando la “scoperta” della crisi economica aveva traumatizzato gran parte della società. Quest’anno il trauma pare essere stato metabolizzato». Stessa tendenza per i timori all’incolumità personale, in leggero calo, ma ancora su livelli significativi: quasi un italiano su due (47%) è preoccupato per la

E sono soprattutto i furti nelle abitazioni a provocare inquietudine (31%).

È una società che scivola verso il basso: l’85% degli italiani ritiene che la distanza tra “chi ha poco” e “chi ha molto” sia cresciuta negli ultimi dieci anni. Mentre la maggioranza assoluta, per la prima volta, posiziona la propria famiglia nella classe sociale bassa o medio-bassa (52%). Tra le vittime della crisi figurano i giovani: secondo due persone su tre «per quelli che vogliono fare carriera, l’unica speranza è andare all’estero».

«È la “Grande incertezza” che incombe su di noi. E rende difficile orientarsi — sostiene Diamanti — perché non ha nomi né volti definiti. Salvo uno, forse, che nell’ultimo anno ha sovrastato gli altri, fino a divenire lo straniero più ostico: il politico. Le istituzioni stesse. Infatti, in testa alla graduatoria delle nostre preoccupazioni quotidiane incontriamo “l’instabilità politica” ». Non è tutto. Stando al rapporto, la rappresentazione offerta dai media contribuisce alla messa in scena di questa incertezza. La criminalità è ancora in testa nell’agenda dell’insicurezza dei tg, ma la seconda componente nel 2013 è costituita dall’instabilità politica (con il 19,4% del totale delle notizie ansiogene, più del doppio del 2012). E non solo in tv. È la politica a dominare anche le prime pagine dei quotidiani, soprattutto in Italia, occupando circa il 32% delle notizie complessive (quotidiani analizzati: Repubblica e Corriere della Sera). Solo su Twitter domina ancora l’immigrazione, che occupa il 41% dei tweet legati alla percezione dell’insicurezza.


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