La messa in sicurezza della spiaggia dai fenomeni di caduta massi e la salvaguardia dell'area litoranea dai processi di franamento e di erosione accelerata in atto richiedono una serie di interventi differenziati sulla falesia delle Acque Dolci.
Questi interventi assumono caratteristiche diverse, in relazione alla loro funzione, tipologia ed ubicazione sul versante. In particolare risultano di fondamentale importanza i seguenti interventi:
a) Disgaggio delle masse potenzialmente instabili.
Deve essere previsto il disgaggio delle masse rocciose che si trovano in condizioni di stabilità precaria in corrispondenza delle pareti rocciose più elevate, prossime al coronamento della falesia (brecce calcaree). Quest'operazione, particolarmente delicata, deve essere finalizzata alla rimozione di masse rocciose instabili ben localizzate, senza compromettere la stabilità delle pareti rocciose adiacenti. Si tratta di un intervento mirato, realizzabile solamente da personale altamente specializzato, con lo scopo di rimuovere i volumi rocciosi in condizioni di equilibrio precario evidenziati dal rilievo in sito e dal controllo diretto eseguito sulle pareti rocciose. L'operazione di disgaggio rappresenta comunque un intervento che deve essere sempre controllato nelle sue conseguenze geostatiche e geodinamiche. Si tratta in tutti i casi di un'operazione complementare che deve essere associata alla realizzazione di un sistema di difesa passiva messo in opera nella parte inferiore del versante (vedi punto b). La rimozione dei volumi rocciosi instabili riduce, infatti, ma non elimina le probabilità di distacco di massi dalla scarpata soprastante. Questo è particolarmente vero per scarpate rocciose di grande estensione come nel caso della falesia delle Acque Dolci.
b) Opere di consolidamento del versante
Le opere di consolidamento dei versanti sono interventi che hanno in genere lo scopo di aumentare le caratteristiche di resistenza del pendio. Esse possono essere rappresentate da diverse tipologie d'intervento:
b1) reti metalliche poste in opera in aderenza, accompagnate da chiodature e talora rivestite con calcestruzzo proiettato;
b2) bullonature mediante barre metalliche tesabili;
b3) tirantature mediante cavi tesabili in trefolo d'acciaio, accompagnate da piastre o cordoli di ripartizione dei carichi;
b4) saldatura delle superfici di discontinuità mediante iniezioni di cemento, oppure di miscele di sabbia e di resine sintetiche;
b5) sottomurazioni in calcestruzzo armato con reti o gabbie.
Nel caso specifico della falesia delle Acque Dolci sembra in particolare opportuno il rivestimento con reti metalliche in aderenza (b1) di alcuni tratti del versante detritico mediano soggetti ad intenso dilavamento superficiale. Questo intervento, laddove l'entità dei processi di erosione superficiale è più ridotta, può essere sostituito e/o accompagnato, da opere di cespugliamento e piantumazione. Interventi del tipo b3), b4) e b5) potrebbero invece risultare necessari per garantire la stabilità di singoli diedri rocciosi, la cui potenziale instabilità può essere rivelata solo da un accurato rilievo in parete eseguito da personale specializzato.
Si tratta comunque sempre di interventi molto localizzati, giustificati da situazioni di effettivo precario equilibrio che non possono essere affrontate con operazioni di disgaggio.
c) Opere di difesa passiva (barriere paramassi)
L'analisi svolta precedentemente dimostra l'efficacia della costruzione di una barriera paramassi in corrispondenza del margine inferiore del terrazzamento mediano nei confronti di eventuali propagazioni di massi sul versante delle Acque Dolci.
L'efficacia della barriera paramassi può essere ulteriormente incrementata realizzando a monte dell'opera un fosso di contenimento di larghezza pari a 3 4 m e profondità di 1 1.5 m (vedi punto successivo c).
La soluzione progettuale della barriera paramassi a rete ottempera anche ai requisiti di conservazione ambientale del litorale poiché una simile opera di difesa passiva bene si presta al mascheramento da parte della folta vegetazione arborea naturale (macchia mediterranea). La realizzazione della barriera deve prevedere anche la sostituzione dell'attuale carrareccia di accesso con un sentiero, adiacente al fosso di ruscellamento concentrato, che consenta l'accesso alla spiaggia delle persone in condizioni di sicurezza.
La barriera di progetto si riferisce ad una rete paramassi ad alta deformabilità, alta 4 metri e dotata di elevata capacità di assorbimento di energia (Eeff= 1.600.000 joule). Questa tipologia corrisponde ai più moderni sistemi di reti paramassi (Neri, 1986; Brescia, 1988) costituite da singoli pannelli di rete metallica collegati, tramite funi metalliche, a dispositivi di dissipazione di energia (dispositivi di frenaggio) posti a monte ed agli estremi della barriera.
In queste barriere paramassi i montanti di sostegno non hanno funzione strutturale, in quanto servono essenzialmente a mantenere in posizione "subverticale" i pannelli di rete metallica che compongono l'opera di sbarramento, permettendone lo scorrimento verso valle ed il conseguente impegno dei dispositivi di frenaggio sino all'arresto del masso impattante. Il notevole vantaggio di questo tipo di reti paramassi risiede nel limitato ingombro e, soprattutto, nella possibilità di stimare la reale capacità di trattenuta mobilizzata dai sistemi di frenaggio, preventivamente tarati con prove di impatto in vera grandezza.
Le reti paramassi ad elevata deformabilità sono sistemi di protezione concepiti alla fine degli anni settanta, che garantiscono elevate capacità di trattenuta per la presenza dei particolari dispositivi di frenaggio. Tali dispositivi, che lavorano per attrito, trasformano in calore l'energia cinetica posseduta dai volumi rocciosi. La forza d'attrito che si oppone allo scorrimento, generata dai dispositivi di frenaggio, non raggiunge valori tali da produrre elevate deformazioni nelle funi d'orditura della rete metallica di contenimento. Ciò porta a poter trascurare, a vantaggio della sicurezza, l'energia potenziale elastica che viene immagazzinata nella rete.
d) Cunettone di drenaggio / fosso di contenimento
E' un'opera in grado di allontanare in modo controllato le acque che attualmente fuoriescono, senza alcuna regimazione, dal fosso di drenaggio adiacente alla strada di accesso alla spiaggia, e che hanno generato in passato fenomeni di ruscellamento concentrato e di erosione accelerata.
Questa sistemazione dei drenaggi superficiali potrebbe coincidere parzialmente con il fosso di contenimento previsto a monte della barriera paramassi (vedi punto c)). Una simile soluzione consentirebbe il convogliamento delle acque superficiali verso N, al di fuori dell'area della spiaggia, e, nello stesso tempo, la creazione di un vallo antistante la barriera, in grado di ridurre sensibilmente le velocità dei massi per effetto dell'impatto entro il fosso.
9) Considerazioni generali e conclusioni
Lo studio di dettaglio geomeccanico svolto per la falesia delle Acque Dolci dimostra che situazioni di pericolosità naturale connesse a crolli di roccia possono essere efficacemente affrontate e risolte mediante adeguate modellazioni matematiche previsionali.
Un simile approccio deve essere sempre supportato da opportuni modelli numerici di propagazione dei massi (simulazioni) e, soprattutto, dalla taratura in situ dei parametri geomeccanici. Fondamentale, a questo riguardo, risulta essere il rilievo di campagna topografico e litologico-geomorfologico dell'area indagata: solamente un accurato rilevamento del versante può mettere in evidenza la variabilità e l'eterogeneità delle condizioni litologico strutturali e topografico-geomorfologiche, consentendone la differenziazione in unità omogenee (unità geomeccaniche). Da queste dipendono poi i valori dei parametri geomeccanici che controllano la propagazione dei massi.
L'estrema variabilità naturale dei volumi rocciosi e delle caratteristiche dei versanti richiede inoltre una modellazione (modello tridimensionale: ROTOMAP) che tenga conto della casualità dei diversi processi di propagazione, facendo riferimento a molteplici simulazioni (n= 200, nel caso delle Acque Dolci) relative ai diversi settori del versante.
La simulazione delle condizioni più sfavorevoli, vale a dire di massima mobilità dei blocchi, consente di verificare l'efficacia del sistema di difesa passivo progettato, pur nell'ambito di una progettazione di massima. Tale criterio di progettazione, basato sul principio dell'affidabilità del sistema, richiede comunque necessariamente la valutazione preliminare del crollo e del blocco di progetto. Solamente in tali circostanze è possibile confrontare la capacità di assorbimento della barriera con l'energia posseduta dal blocco di progetto.
La situazione di rischio potenziale della falesia delle Acque Dolci deve ritenersi tutt'altro che un caso isolato e/o eccezionalmente negativo.
Numerose sono infatti le circostanze geologiche che determinano, nell'ambito del comprensorio costiero del M. Argentario, situazioni di questo tipo: in modo particolare le potenti successioni detritiche pleistoceniche a brecce e trovanti (area di Podere Ficaie) o i grandi corpi di paleofrana messi in posto da processi gravitativi profondi (area dello Sbarcatello, ad esempio).
Si tratta di casi abbastanza frequenti che determinano fenomeni ricorrenti di dissesto aggravati dalla continua riattivazione di scarpate altamente instabili per le precarie condizioni geostrutturali (corpi di paleofrana). D'altra parte le principali insenature del promontorio si sviluppano spesso a spese di estesi corpi detritici di versante o di cospicui ammassi di materiale di frana. Situazioni di questo tipo, particolarmente in presenza di scarpate rocciose elevate (brecce, calcari disarticolati e fessurati) devono essere analizzate con studi specifici di dettaglio per verificare se esistano situazioni di potenziale rischio di frana, nel qual caso devono essere adottate tutte le misure di difesa necessarie per consentire la fruizione dell'area esposta al rischio in condizioni di sicurezza.
Lavori citati
-
BRESCIA M. (1988): Moderne strutture di protezione contro la caduta delle masse rocciose. Le Strade 1251, settembre 1988, 863 870.
-
GRAUSO S., ZARLENGA (1991): Il Quaternario di P.ta dell'Avoltore (Monte Argentario Toscana meridionale). Il Quaternario 4(2), 311 326.
-
HOEK E. (1987): ROCKFALL a program in basic for the analysis of rockfalls from slopes. Unpublished notes, Golder Associates / University of Toronto April, 1987. in "Rockfall protection: a review of current analytical and design methods", RICHARDS L.R. (1988), Atti Il ciclo conferenze, Meccanica ed Ingegneria delle Rocce, MIR, Politecnico di Torino, 1988,11/1 11/13.
-
NERI M. (1986): Barriere paramassi deformabili ad elevato assorbimento di energia. Quarry and Construction, maggio 1986, 79 85.
-
PARONUZZI P. (1987a): Modelli di calcolo per l'analisi della propagazione di blocchi rocciosi in frana. Rivista Italiana di Geotecnica, XXI n.4, 145 165.
-
PARONUZZI P. (1987b): Rockfall: un programma basic per la simulazione cinematica dei crolli litoidi. Bollettino della Associazione Mineraria Subalpina, XXIV (1 2), 185 196.
-
PARONUZZI P. (1989a): Studio geomeccanico dei rimbalzi di blocchi mobilizzati da un crollo litoide: la frana di Lavone (Brescia). Atti del Congr. Int. di GeoIngegneria, Politecnico di Torino, 28 30 settembre 1989, Torino, vol. 2, 861 868.
-
PARONUZZI P. (1989b): Probabilistic approach for design optimization of rockfall protective barriers. Quarterly Journalof Engineering Geology, London, 22,175 183.
-
PARONUZZI P. (1989c): Criteri di progettazione dei rilevati paramassi. Geologia Tecnica 1/89,23 41.
-
PARONUZZI P. (1990): La propagazione dei massi sui versanti. Rassegna Tecnica del Friuli Venezia Giulia, XLI, marzo aprile 1990, 28 32.
-
PARONUZZI P., COCCOLO A. (1 995a): L'impiego delle barriere paramassi. Rassegna Tecnica del Friuli Venezia Giulia, 4/1995, luglio agosto 1995, 20 25.
-
PARONUZZI P., COCCOLO A. (1995b): Crollo di progetto e affidabilità delle barriere paramassi. Geoingegneria Ambientale e Mineraria, vol.86, anno XXXII, n.2 3, giugno settembre '95, 147 154.
-
SCIOLDO G. (1991): ROTOMAP: analisi statistica del rotolamento dei massi. Ass. Min. Subalpina: Atti Convegno "La meccanica delle rocce a piccola profondità", 31 ottobre 1991, Torino, 81 84
Pagina
Dostları ilə paylaş: |