Eurasiatica 6
DOI 10.14277/6969-093-8/EUR-6-4
ISBN [ebook] 978-88-6969-093-8 | ISBN [print] 978-88-6969-078-5 | © 2016
117
Armenia, Caucaso e Asia Centrale
Ricerche 2016
a cura di Aldo Ferrari e Erica Ianiro
Antiche città alane
Paolo Ognibene
(Università degli Studi di Bologna, Italia)
Abstract At present the problem of the localization of the alan city called Tetjakov/Dedjakov can-
not be considered solved. The aim of this article is not to give a new solution, but the analysis of the
identifications already proposed and the discussion of the critical elements.
Keywords Tetjakov. Dedjakov. Alans. Russian chronicles.
Gli scavi archeologici nel Vicino Oriente fra Ottocento e Novecento hanno
portato alla luce città di cui ignoravamo esistenza e nome. Se è vero il detto
secondo il quale ‘nemmeno Dio può cambiare il passato’ è indubbio che
la ricerca scientifica è però in grado di modificare la nostra conoscenza e
percezione di ciò che è stato ed in questo senso ‘cambiarlo’ ai nostri occhi.
Non abbiamo scoperto solo città sconosciute, ma abbiamo appreso l’esi-
stenza di civiltà di cui si era perso persino il ricordo. Attraverso le tavolette
babilonesi abbiamo riscoperto i Sumeri
1
e gli scavi nella regione di Van han-
no dimostrato che molti reperti inizialmente mal attribuiti appartenevano
agli Urartei,
2
una civiltà svanita nel VII secolo a.C. che sembra però avere
influenzato – almeno attraverso la titolatura regale – il mondo achemenide.
3
Può succedere anche il fenomeno inverso: non un ritrovamento difficile
da identificare, ma la presenza nelle fonti scritte antiche di nomi di città
e popoli che non siamo più in grado di collocare sulla carta geografica e a
volte non abbiamo la minima idea di dove andare a cercare.
1
Kramer 1988, 8: «Desta meraviglia il fatto che, sino a meno di un secolo addietro, s’igno-
rava tutto sull’esistenza di questi lontani Sumeri. Gli archeologi e gli studiosi, che allora
intrapresero degli scavi in quella parte del Medio Oriente chiamata Mesopotamia, non vi
ricercavano le tracce dei Sumeri, ma quelle dei popoli più recenti allora designati con il
termine generico di ‘Assiri’».
2
Piotrovski, 1975, 15-22: «Il conservatore del Museo dell’Ermitage inventariò queste ac-
quisizioni come prodotti dell’arte sassanide» (17); «Per molti altri anni, tuttavia, il materiale
urarteo fu considerato come assiro ed esposto nei musei nelle sale assire» (18).
3
Gnoli 1989, 7: «It is likely that the direct model of many expressions in the Achaemenian
titles was not Neo-Babylonian or Assyrian, but Urartian […] This fits in well with a whole
lot of correspondeces between Urartian and Old Persian, in the phraseology as well, that
O. Szemerényi has pointed out».
118
Ognibene. Antiche città alane
Armenia, Caucaso e Asia Centrale, 117-134
Parlando degli Alani Jan Potocki alla fine del Settecento scriveva: «Ho
trovato alla cancelleria circassa delle prove dell’esistenza degli Alani, che
oggi sono ridotti ad un migliaio di anime. Se si potesse comunicare con gli
ultimi appartenenti a questo popolo e conoscere la lingua che parlano, si
avrebbe sicuramente la soluzione di un grande problema storico» (Potocki,
1996, 154).
A distanza di circa cinquanta anni, nella seconda metà dell’Ottocento
venivano poste le basi della ‘questione scitica’ che avrebbe fatto discutere
gli esperti di Iran esterno per oltre un secolo. In questo caso il problema
era non tanto quello di collocare gli Sciti sulla carta geografica, quanto
definire cosa si nascondesse dietro l’etichetta ‘sciti’ distribuita su un arco
temporale molto lungo e in posizioni del globo non proprio prossime.
4
Sono dunque molte le varianti dello stesso problema che si presentano
di fronte a chi voglia affrontare tematiche di questo tipo e molto spesso
non si tratta di una ricerca piuttosto astratta, come quella, ad esempio,
della patria di Zoroastro, per la quale ci si deve scontrare prima con chi
sostiene che il profeta non sia mai esistito, poi con i dati della geografia
avestica che si adatterebbero bene anche a Marte.
5
Parliamo nella maggior
parte dei casi di situazioni concrete attestate nelle cronache e abbastanza
circostanziate, pur tuttavia difficili da interpretare univocamente.
Nella Troickaja letopis’ sotto l’anno 1277 troviamo questa notizia:
«Nell’anno 6785. Morì Boris Vasil’kovič presso i Tartari, e Dmitrij con la
madre portò il corpo del padre a Rostov. Tutti i principi andarono con-
tro gli Jasy. Nell’anno 6786. Si sposò Michail Glebovič. Lo stesso anno
i principi che erano stati dai Tartari ritornarono, dopo avere vinto gli
Jasy».
6
Il passo è una delle rare menzioni degli Alani (chiamati qui con il
nome Jasy col quale erano noti nelle fonti russe e in quelle di altri popoli)
4
La questione fu posta per la prima volta da Vivien de Saint-Martin e aprì la via ad una
serie interminabile di polemiche. La questione scitica fu particolarmente dibattuta in Russia
prima ed in Unione Sovietica poi. La Russia zarista soprattutto dopo la conquista dei territo-
ri prossimi al mar Nero si sentiva ‘territorialmente’ erede della cultura scitica, in quanto gli
Sciti appartenevano al passato di questa regione della Russia. In periodo sovietico, d’altra
parte, si recepiva con favore la visione del mondo scitico come società egualitaria, priva di
schiavitù, dipinta dai più antichi autori greci. Nello stesso tempo attraeva molto anche la
‘tradizione inventata’ secondo la quale gli Sciti sarebbero stati invincibili. Alle discussioni, a
volte aspre, presero parte attiva Vsevolod Fedorovič Miller e Fedor Gerasimovič Miščenko,
ma il tema fu considerato nei primi decenni dal Novecento anche da Nikolaj Jakovlevič Marr
e, in seguito, da Abaev. Si veda: Ognibene 2016.
5
Per la complessità della geografia avestica si veda Gnoli 1987, 44-7.
6
Troickaja letopis’:«Въ лѣто 6785. Преставися Борисъ Василковичъ в татарехъ,
Дмитрій же съ матерью принесе тѣло отца своего в Ростовъ. А князи вся поидоша на
ясы. Въ лѣто 6786. Оженися Михаило Глѣбовичъ. Того же лѣта приидоша князи ис
татаръ, побѣдивше ясы».