1-4 ottobre Gogol’ nel cinema 6-14 ottobre Enzo G. Castellari, l’architetto dell’azione



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Terza liceo (1954)

Regia: Luciano Emmer; soggetto: Giulio Moreno; sceneggiatura: Sergio Amidei, Carlo Bernari, Vasco Pratolini, L. Emmer; fotografia: Mario Bava; scenografia: Mario Chiari; costumi: Maria Rosaria Crimi; musica: Carlo Innocenzi; montaggio: Eraldo Da Roma; interpreti: Giulia Rubini, Isabella Redi [Ilaria Occhini], Roberta Primavera, Anna Maria Sandri, Christine Carère, Giovanna Turi; origine: Italia; produzione: INCIM - Industrie Cinematografiche Milanesi; durata: 85’



«Il film narra la storia di una terza liceo classico seguendo le storie dei vari ragazzi e raccontando dei loro amori e dei loro rapporti con i genitori e i professori. Buona la regia» (Farinotti). «È interessante segnalare (per comprendere il clima in cui i cineasti erano costretti a lavorare nei primi anni ’50) che un film innocente e pulito come questo ebbe noie con la censura a causa di una partita di pallacanestro giocata da ragazze... in pantaloncini corti!» (Chiti/Poppi). «Non credo che i ragazzi di oggi, anche se girano travestiti da punk, abbiano emozioni diverse da quelle dei giovani protagonisti del mio film Terza Liceo. [...]. Perché girai il film al Mamiani? [...] Perché [...] c’era, allora, il più democratico e illuminato preside che avessi mai incontrato nel mio giro di richieste. Era un uomo dolce, gentile e, quando mi ritrovai alla fine della produzione abbandonato dalla Incom, senza soldi per una crisi del nostro cinema, quel preside mi offrì gratis come comparse tutti i ragazzi della scuola. [...] Mi piace pensare che Terza Liceo e altri miei lavori forse hanno aiutato qualche ragazzo ad avvicinarsi alla vita con serenità, con speranza, anche se, come in Terza Liceo, i sogni e gli ideali, sia privati che pubblici, alla fine dell’anno svanivano e ognuno seguiva poi la sua strada» (Emmer).
ore 18.45

Basta! Adesso tocca a noi (1990)

Regia: Luciano Emmer; soggetto e sceneggiatura: L. Emmer, David Emmer, Paolo Taggi; fotografia: Elio Bisignani; scenografia e costumi: Alessandra Cardosi; musica: Antonello Venditti; montaggio: Adriano Tagliavia; interpreti: David Emmer, Gianluca Angelini, Verde Visconti, Claudio De Rossi, Carlo Marino, Barbara Troiani; origine: Italia; produzione: Emmer Production di Luciano Emmer & C., Film 7 International; durata: 101’



«Dadi e Andrea, assieme ai loro amici, hanno concluso le scuole superiori. La loro idea è di rimanere uniti durante i due mesi di vacanze. Le loro vite sono in una importante fase di cambiamento che li vedrà più maturi. A distanza di ben 36 anni, da un suo film con un tema identico come Terza liceo, Emmer affronta il difficile momento, ma se vogliamo ancora spensierato, di passaggio tra la scuola e ciò che si vuole diventare nella vita. Del film del 1954 c’è anche una divertente autocitazione quando viene proiettato all’aperto e bersagliato dagli studenti che non vogliono più sentir parlare di scuola. Il titolo originale, voluto dal regista, è Basta! Ci faccio un film» (Farinotti).
a seguire

Incontrare Picasso (2000)

Regia: Luciano Emmer; soggetto e testo: Antonio Del Guercio, Renato Guttuso, Antonello Trombadori; fotografia: Giulio Gianini; musica: Roman Vlad; origine: Italia; produzione: Sergio Amidei per Rizzoli Film; durata: 42’



Nuova edizione del Picasso di Luciano Emmer (1954) realizzata a cura dell’autore, nell’autunno 2000, utilizzando varie copie positive dell’edizione originale, parte provenienti dall’Archivio della Cineteca di Bologna e parte dall’archivio personale dell’autore. Questa edizione contiene anche un brano di repertorio dal film Gloria (Istituto Luce: scene di bombardamenti aerei) e del documentario di Emmer Il dramma di Cristo. Le musiche originali di Roman Vlad sono state trascritte da un master in vinile dell’epoca, rimasterizzate (Cinetrack) e rimontate nel film sotto la supervisione del regista.

Riedizione e restauro a cura della Cineteca Nazionale e di Luciano Emmer
ore 21.30

La ragazza in vetrina (1961)

Regia: Luciano Emmer; soggetto: Rodolfo Sonego; sceneggiatura: L. Emmer, Vinicio Marinucci, Luciano Martino, Pier Paolo Pasolini; fotografia: Otello Martelli; scenografia: Alexandre Hinkis; musica: Roman Vlad; montaggio: Emma Le Chanois, Jolanda Benvenuti; origine: Italia/Francia; produzione: Nepi Film, Sofitedip, Zodiaque Productions; durata: 92’



«La ragazza in vetrina reca i segni di una meditazione, di una ispirazione non occasionale, di un irrobustimento della vena narrativa. [...] Il prologo del film, nella miniera, è dotato di un vigore drammatico, di un vigore realistico insoliti per Emmer, e costituisce forse quanto di più intenso il cinema abbia dato sull’aspro lavoro dei minatori e sulla presenza incombente, assidua della morte nei cunicoli del sottosuolo. [...] Nella pittura della celebre strada delle vetrine – dietro le quali le prostitute stanno in offerta come una merce –, nello scorcio di certi locali (come quelli per uomini soli), nell’introduzione di talune antitesi (l’Esercito della Salvezza), nella definizione delle psicologie Emmer ha spiegato una lucidità di linguaggio resa più accattivante dalla discrezione, dal pudore di cui egli ha dato prova» (Castello). «Uno dei più felici film di Emmer e non solo per agilità di racconto, intelligenza di notazioni e direzione di attori. C’è anche uno scavo psicologico più profondo. Il film ebbe gravi noie con la censura democristiana che impose tagli, modifiche al dialogo e il divieto ai minori di 16 anni, nonostante la castità della rappresentazione». (Morandini).

Copia restaurata e ricostruzione della versione originale a cura della Cineteca Nazionale
16-23 ottobre

Gli anni ruggenti. Il cinema di Luigi Zampa

Retrospettiva a cura di Mario Sesti
«Da tempo aspettavo un’occasione per ricordare Luigi Zampa, una delle personalità più rappresentative della storia del cinema italiano, un amico cui mi sono legato dai primi anni del dopoguerra con stima e ammirazione, considerandolo un osservatore intelligente e fine dei tempi in cui vivevamo, pronto a riderne quando serviva, ma pronto anche a prendere la frusta quando lo sentiva necessario.

Ricordo il nostro primo incontro, una mattina del ’47 al cinema Rivoli di Roma per la proiezione di Vivere in pace. Erano gli anni del Neorealismo, nelle sue cifre più riarse e più nere. A lui, e a Suso Cecchi d’Amico che gli aveva sceneggiato il film, dissi subito: “Avete inventato il Neorealismo rosa”. Quanta fragranza, infatti, e quanto umorismo in quel film che, pur con gli stessi temi e lo stesso interprete (Aldo Fabrizi) di Roma città aperta, sapeva voltarli se non in burla certo in festa e in allegria, pur concedendo spazi anche ai sospiri.

Era però ancora un film per ricordare. L’attualità premeva e Zampa non se la lasciò sfuggire. Quello stesso anno L’onorevole Angelina, protagonista Anna Magnani, segnò una data e precisò, chiarissime, le linee fra il risentito e l’ironico che Zampa avrebbe spesso seguito. Gli ci voleva al fianco uno scrittore, e dopo i primi felici contributi di Suso Cecchi d’Amico, eccolo trovarlo, solido e amaro, in Vitaliano Brancati. Ne nasce una trilogia apertamente “italiana” – Anni difficili, Anni facili, L’arte di arrangiarsi – che, per analogia con quello che si faceva allora in quegli anni nel nostro cinema, fra il ’47 e il ’55, qualcuno credette di poter inserire nel filone della commedia all’italiana. Lo era, invece, solo molto in superficie, perché in quei tre film Zampa, rileggendo Brancati, era riuscito ad esprimere anche quelle polemiche e quelle delusioni che, pur nella gioia della democrazia ritrovata, covavano in molti per certi risultati non ancora raggiunti e per certe vittorie sociali non ancora ottenute.

Da quell’impegno pur con grazia, all’impegno severo di Processo alla città, da un’idea di Francesco Rosi ed Ettore Giannini: il suo capolavoro e una delle opere più vivide e più forti del cinema italiano dei Cinquanta. Al centro uno scandalo primo Novecento, di sfondo molti rimandi all’attualità, personaggi a tutto tondo, un racconto serrato ma anche fluido, con il respiro largo delle opere riuscite. Anche nel linguaggio, anche nelle immagini.

Gli chiesi una volta delle sue regie. “Non debbono vedersi – affermò – un regista non deve mettere in mostra sé stesso perché si dica quanto è bravo, deve raccontare e basta, e tanto più sarà bravo quanto più sarà riuscito a far credere nei personaggi, a commuovere o divertire con loro. Perché lo spettatore, in un film ben fatto, non deve rimanere all’esterno della storia, ma deve poterci entrare per viverla con i suoi personaggi”.

Il suo credo cinematografico. Lo si ritroverà anche nel resto della sua carriera quando, pur mantenendo ancora certe attenzioni al sociale, comincerà a preferire apertamente la commedia (salvo ne La romana di Moravia, protagonista Gina Lollobrigida). Basterebbero pochi titoli – Ladro lui, ladra lei, Il vigile, Il medico della mutua, Anni ruggenti – per dimostrarci, specie quelle volte in cui si faceva avanti Alberto Sordi come attore, quanto Zampa, pur avendo dimostrato di saper dominare molti generi, i suoi migliori ferri del mestiere avesse finito per impugnarli adesso a livello di allegria: mai però smodato e corrivo, com’era spesso la moda di quegli anni, sempre invece con un gusto e un controllo che gli consentivano, con qualche sberleffo amaro, di imporsi perfino nel “grottesco”, ritornando non di rado anche al serio. “Perché oggi – mi diceva – sono troppi quelli che fanno solo ridere, io, quando posso, cerco sempre di aggiungervi qualche pensierino. Anche quando diverte, è sempre bene che il cinema rifletta”.

Per riflettere, agli inizi dei Settanta, si cimentò, con La contestazione generale, sui temi che, dopo il Sessantotto, erano in voga in quegli anni, al cinema e dappertutto. Forse non era compiuto fino in fondo ma la “zampata” di Zampa, come io mi divertivo a definirla, la si ritrovava ancora in modo spesso prepotente. Come la si ritroverà, ne sono certo, nei film migliori che, a vario titolo, sono stati ricompresi in questa sua Retrospettiva curata con l’abituale competenza dall’amico e collega Mario Sesti; riflesso meditato del suo impegno ed anche sue tante, felicissime occasioni di successo».
Gian Luigi Rondi

Presidente Fondazione Cinema per Roma

(testo tratto dal catalogo generale Festival Internazionale del Film di Roma

15-23 ottobre 2009)


Auditorium, viale Pietro de Coubertin, 30

Teatro Studio

venerdì 16

ore 15.00 La romana
Studio Tre

sabato 17

ore 11.00 Fra Diavolo

ore 15.00 Vivere in pace
domenica 18

ore 11.00 L’onorevole Angelina

ore 15.00 Un americano in vacanza
lunedì 19

ore 11.00 Cuori senza frontiere

ore 15.00 Processo alla città
mercoledì 21

ore 11.00 Anni ruggenti

ore 15.00 Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata
giovedì 22

ore 11.00 Il medico della mutua

ore 15.00 L’arte d’arrangiarsi
venerdì 23

ore 11.00 Il vigile

ore 15.00 Frenesia dell’estate

ore 17.30 Contestazione generale
venerdì 16

ore 17.00

Signorinette (1942)

Regia: Luigi Zampa; soggetto: dal romanzo omonimo di Wanda Bontà; sceneggiatura: Luciana Peverelli, Gherardo Gherardi, L. Zampa; fotografia: Domenico Scala; scenografia: Giorgio Pinzauti; musica: Salvatore Allegra; montaggio: Maria Rosada; interpreti: Carla Del Poggio, Paola Veneroni, Anna Mari, Nella Paoli, Claudio Gora, Roberto Villa; origine: Italia; produzione: A.T.A., Imperial Film; durata: 86’



Tre compagne di scuole guardano all’avvenire con grandi speranze. Una ama sogna ad occhi aperti il principe azzurro, la seconda, anche lei romantica, scrive poesie, mentre la terza, piuttosto grassottella, possiede una voce armoniosa e si dedica al canto. Ma la vita riserverà amare sorprese. «Le signorinette sono colte sul vivo, con quell’aria e quel linguaggio – specialmente la più importante di esse – di ingorde lettrici di giornali umoristici, con quella spensieratezza un po’ spudorata, con quella sensualità per così dire sportiva e senza reale inquietudine. […] Zampa ha diretto il film con amabilità e malizia psicologica» (De Feo).

Per gentile concessione di Ripley’s Film - Copia proveniente da Cineteca Griffith di Genova - Ingresso gratuito
ore 19.00

Un americano in vacanza (1945)

Regia: Luigi Zampa; soggetto: Gino Castrignano; sceneggiatura: Aldo De Benedetti, L. Zampa; fotografia: Vaclav Vich; scenografia: Boris Aquarone; musica: Nino Rota; montaggio: Eraldo Da Roma; interpreti: Valentina Cortese, Andrea Checchi, Leo Dale, Adolfo Celi, Paolo Stoppa, Giovanni Dolfini; origine: Italia; produzione: Lux Film, Castrignano; durata: 99’



«In viaggio per la capitale, dove sperano di trascorrere allegramente una licenza, due soldati americani incontrano una maestrina che a Roma sta andando per chiedere aiuti per il suo paese distrutto dai bombardamenti. Uno dei due si innamora di lei, che gli dedica però scarse attenzioni» (Chiti-Poppi). «Semplice nella narrazione [...] il film rivela tuttavia nel regista una sincera partecipazione ai fatti narrati e una critica visione della realtà» (Rondolino).
ore 21.00

Signori, in carrozza! (1951)

Regia: Luigi Zampa; soggetto: Age [Agenore Incrocci] & [Furio] Scarpelli; sceneggiatura: Age & Scarpelli, Ruggero Maccari, Vitaliano Brancati, L. Zampa, Aldo Fabrizi; fotografia: Carlo Montuori; scenografia: Enrico Ciampi; musica: Renzo Rossellini; montaggio: Eraldo Da Roma; interpreti: Aldo Fabrizi, Peppino De Filippo, Julien Carette, Sophie Desmarets, Noël Roquevert, Vera Nandi; origine: Italia/Francia; produzione: Produzioni Domenico Forges Davanzati, Lux Film de France; durata: 100’



La doppia vita di un controllore dei wagon-lits, che si divide fra due famiglie, una a Roma, una a Parigi, finché un cognato invadente scopre la verità, costringendolo a operare delle scelte. Irresistibili duetti fra Fabrizi e De Filippo, il quale si esibisce nella gag del wagon-lit, resa poi celeberrima da Totò in Totò a colori.

Per gentile concessione di Ripley’s Film - Ingresso gratuito
sabato 17

ore 17.00

È più facile che un cammello... (1950)

Regia: Luigi Zampa; soggetto: Cesare Zavattini; sceneggiatura: Suso Cecchi D’Amico, Vitaliano Brancati, Diego Fabbri, Henri Jeanson, Giorgio Moser [non accreditato]; fotografia: Carlo Montuori; scenografia: Gastone Medin; costumi: Maria Baroni, Dina Di Bari; musica: Nino Rota; montaggio: Eraldo Da Roma; interpreti: Jean Gabin, Mariella Lotti, Elli Parvo, Antonella Lualdi, Paola Borboni, Maso Lotto; origine: Italia/Francia; produzione: Cines, S.N. Pathé Cinéma; durata: 81’



«Ispirandosi a quel versetto del Vangelo che mette in guardia i ricchi dai pericoli cui la loro anima è esposta a causa delle loro ricchezze, questo film ci enuncia il caso di un industriale multimilionario il quale, dopo morto, è chiamato a rispondere delle sue colpe di fronte a un tribunale celeste. L’esame della sua vita, avendo rivelato che egli non ha mai saputo compiere una buona azione, sta per concludersi con la condanna, quando il ricco, all’ultimo momento, ottiene di tornare in terra per altre dodici ore, certo di potersi riscattare. Il privilegio è accordato, il morto risuscita e comincia ansiosamente a mettersi sulle tracce dell’opera buona con cui salvare la propria anima» (Rondi).
ore 19.00

Anni facili (1953)

Regia: Luigi Zampa; soggetto: Vitaliano Brancati; sceneggiatura: Sergio Amidei, V. Brancati, Vincenzo Talarico, L. Zampa; fotografia: Aldo Tonti; scenografia: Piero Gherardi; costumi: Marilù Carteny; musica: Nino Rota; montaggio: Eraldo Da Roma; interpreti: Nino Taranto, Alda Mangini, Gino Buzzanca, Clelia Matania, Armenia Balducci, Giovanna Ralli; origine: Italia; produzione: Ponti-De Laurentiis Cinematografica; durata: 107’



«Trasferito a Roma, il prof. De Francesco, siciliano antifascista, accetta, per far fronte alle difficoltà economiche, di diventare rappresentante di un barone suo conterraneo che traffica in medicinali. […] Secondo capitolo della trilogia satirica di Brancati. Zampa smussa, premendo sui risvolti comico-patetici, l’acre e funereo moralismo dello scrittore il che non impedì al film di essere bocciato in prima istanza dalla censura, subendo qualche taglio, vietato all’esportazione e querelato dal Maresciallo R. Graziani. Nastro d’argento a N. Taranto» (Morandini). Domenico Modugno interpreta la parte del giudice.

Copia ristampata a cura della Cineteca Nazionale
ore 21.00

Ladro lui, ladra lei (1958)

Regia: Luigi Zampa; soggetto: L. Zampa; sceneggiatura: Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, L. Zampa; fotografia: Leonida Barboni; scenografia: Mario Santovetti; costumi: Ugo Pericoli; musica: Angelo Francesco Lavagnino; montaggio: Eraldo Da Roma; interpreti: Alberto Sordi, Sylva Koscina, Nando Bruno, Ettore Manni, Alberto Bonucci, Mario Carotenuto; origine: Italia; produzione: Maxima Film, Montflour Film; durata: 105’



«Questo film è, secondo me, uno dei più esilaranti mai interpretati da Alberto Sordi. Considerato a torto un’opera minore, sta al comico romano esattamente come Totò, Peppino e la malafemmina sta al Principe Antonio De Curtis. Film senza ambizioni di “contenuto”, ma carico di una comicità esplosiva. In verità in questo lavoro di Luigi Zampa si sente anche la tristezza della povertà delle borgate romane. Ma non è questo che lo rende memorabile. È Sordi nella parte di Cencio, ladro da più generazioni, geniale e sfortunato come il Gatto Silvestro quando cerca di accoppare l’insopportabile Titti. E ci sono delle sequenze assolutamente straordinarie, tra le più divertenti, per me, della storia della commedia all’italiana» (Veltroni).
domenica 18

ore 17.00

Il magistrato (1959)

Regia: Luigi Zampa; soggetto e sceneggiatura: Pasquale  Festa Campanile, Massimo  Franciosa, L. Zampa; fotografia: Manuel  Merino, Gábor  Pogány; scenografia e costumi: Flavio  Mogherini; musica: Renzo  Rossellini; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: José Suarez, François Perier, Jacqueline Sassard, Massimo Serato, Maurizio Arena, Claudia Cardinale; origine: Italia/Spagna; produzione: Titanus, Hispamex Films; durata: 105’



Il giovane magistrato di una grande città marittima è chiamato ad istruire il processo contro uno scaricatore il quale, disperato per non aver ottenuto il lavoro nel porto, ha affrontato e ucciso un capo portuale disonesto. Nel corso delle indagini, il giudice si scontra con l’omertà che vige tra i lavoratori del porto e che impedisce loro di testimoniare a favore dell’omicida. La severità, cui le circostanze lo costringono, e il disgusto nei confronti di una serie di ingiustizie cui non vede rimedio lo porteranno ad abbandonare per sempre il suo lavoro. La sensibilità civile venata di sdegno e l’amarezza, tonalità connaturata al mondo di Zampa, trovano in questo film, forse, la loro espressione più radicale e compiuta, grazie anche alla drammaturgia schematica e rigorosa del flashback.
ore 19.00

Una questione d’onore (1966)

Regia: Luigi Zampa; soggetto: Enzo Gicca; sceneggiatura: Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, L. Zampa, E. Gicca; fotografia: Carlo Di Palma, Luciano Trasatti; scenografia e costumi: Giancarlo Bartolini Salimbeni; montaggio: Eraldo Da Roma; musica: Luis Enriquez Bacalov; interpreti: Ugo Tognazzi, Nicoletta Rangoni Machiavelli, Bernard Blier, Franco Fabrizi, Tecla Scarano, Leopoldo Trieste; origine: Italia/Francia; produzione: Mega Film, Orphée Productions; durata: 113’



«Ugo Tognazzi si trova in mezzo alla faida di due famiglie della Barbagia che da decenni si stanno sterminando: lui non chiederebbe che di vivere in pace, ma non si tira avanti un’esistenza stentata in un paesello sardo senza venir compromessi nelle tragedie della collettività. Costretto a fuggire nel continente per una falsa accusa, Tognazzi è richiamato clandestinamente dal capo di una delle due fazioni che vuoi servirsene come di un sicario. Anziché uccidere la vittima designata, il protagonista passa la notte con la moglie che aveva dovuto abbandonare subito dopo le nozze; e l’omicidio avviene per mano di un altro. Quando Tognazzi torna a casa prosciolto dalla prima accusa, sua moglie è incinta e tutto il paese lo considera disonorato. [...] È un soggetto di sapore pirandelliano, con il tipico contrasto fra la vita e la forma, nel quale Ugo Tognazzi si muove come un grottesco e accusatorio eroe di Brecht (ma è evidente anche il modello di Germi). In piena inflazione di film con Tognazzi, Zampa ha il merito di aver strappato all’attore una forte interpretazione: il ritratto di un italiano diseredato fatto di ingenuità e di rassegnazione, di umorismo e di passionalità» (Kezich).
ore 21.00

Le dolci signore (1967)

Regia: Luigi Zampa; soggetto e sceneggiatura: Ruggero Maccari, Ettore Scola, Stefano Strucchi; fotografia: Ennio Guarnieri; scenografia e costumi: Maurizio Chiari; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Ursula Andress, Virna Lisi, Claudine Auger, Marisa Mell, Jean-Pierre Cassel, Frank Wolff; origine: Italia; produzione: Documento Film; durata: 112’



«Quattro mogli borghesi hanno problemi legati al sesso: la repressa Anna (Andress) ha un incubo ricorrente in cui è inseguita da un vigile nudo (Adorf); l’adultera Luisa (Lisi) è ricattata da una banda di incapaci; Paola (Mell) scopre la vocazione di spogliarellista durante uno spettacolo di beneficenza; Esmeralda (Auger) è spinta nelle braccia di un giovanotto dall’ignaro marito» (Mereghetti). «La “critica alla società” affonda in pieno nella famosa prospettiva del letto. Si tratta quindi, questa volta, per Zampa, di “anni morbidi” sapientemente conditi con una spruzzatina di antifemminismo per andare incontro alla tradizionale mentalità del maschio italiano che, nello stesso momento in cui desidera, in cuor suo disprezza l’oggetto di quel desiderio» (G. Corbucci).
lunedì 19

ore 17.00

Gente di rispetto (1975)

Regia: Luigi Zampa; soggetto: dal libro omonimo di Giuseppe Fava; sceneggiatura: Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, L. Zampa; fotografia: Ennio Guarnieri; scenografia: Luigi Scaccianoce; costumi: Danda Ortona; musica: Ennio Morricone; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Jennifer O’Neill, Franco Nero, James Mason, Orazio Orlando, Aldo Giuffré, Claudio Gora; origine: Italia; produzione: Compagnia Cinematografica Champion; durata: 113’



Un’insegnante anticonformista viene spedita in un paese siciliano, dove si scontra con la mentalità e gli usi antiquati della gente del posto. Un uomo che le ha fatto delle avances viene ucciso e simbolicamente esposto in piazza con un fiore in bocca. Ciò le procura un rispetto esagerato e incomprensibile. Tutto le è concesso, ma in realtà, senza accorgersene, la donna sta facendo il gioco del suo misterioso protettore, che agisce nell’ombra per realizzare una speculazione edilizia. «Film rispettabile, ma non nel senso ironico del titolo col quale si allude come in Fatti di gente perbene alla solida reputazione che conferiscono, in un certo mondo, il delitto e l’intrigo. Bensì per il robusto senso dello spettacolo che, nell’ordine del decoro professionale cui Zampa mai si sottrae, presiede a una sorta di “giallo” che mentre da un lato stinge nel kafkiano, dall’altro fruga con amara coscienza civile una delle sacche più terrificanti della società italiana: l’oscura realtà di quella Sicilia dove la miseria s’intreccia al sopruso e alla paura, e genera un’immagine rabbrividente della vita» (Grazzini).
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