Repubblica italiana in nome del popolo italiano



Yüklə 37,89 Kb.
tarix13.12.2017
ölçüsü37,89 Kb.
#15278

N. 04882/2014REG.PROV.COLL.

N. 06112/2014 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente



SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6112 del 2014, proposto da: 


Sperandini Mauro, rappresentato e difeso dagli avvocati Roberto Giuffrida e Adriano Tortora, presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via Cicerone, 49; 

contro

Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali (Cnpr) in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Massimiliano Brugnoletti, presso lo stesso elettivamente domiciliato in Roma, via Antonio Bertoloni, 26/B; 



nei confronti di

Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero del lavoro e delle politiche sociali in persona dei rispettivi ministri in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12; 


Bnp Paribas Real Estate Investment Management Italy - società di gestione del risparmio p.a. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Lirosi e Cinzia Guglielmello, con domicilio eletto presso Gianni Origoni in Roma, via delle Quattro Fontane 20; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III n. 7428/2014, resa tra le parti, concernente proposta irrevocabile di vendita per immobile condotto in locazione dal ricorrente

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate, sopra indicate;

Visto l’appello incidentale proposto dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali;

Visto l’appello incidentale proposto da Bnp Paribas Real Estate Investment Management Italy - società di gestione del risparmio p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 agosto 2014 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti gli avvocati Tedeschini per delega dell’avvocato Giuffrida, Brugnoletti, Lirosi e l’avvocato dello Stato Pluchino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il ragionier Mauro Sperandini, iscritto alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali (d’ora in avanti: Cnpr, o Cassa) e inquilino di un appartamento di proprietà della stessa, sito in Roma, via Tizzani n. 8, chiede la riforma, previa sospensione, della sentenza in epigrafe indicata, con la quale il Tribunale amministrativo del Lazio ha dichiarato inammissibile, per difetto della giurisdizione amministrativa, il ricorso proposto avverso la proposta irrevocabile di vendita del medesimo appartamento al prezzo di 752.000 euro, avanzatagli in data 14 giugno 2013 per conto della Cassa dalla società BNP Paribas Real Estate, incaricata di costituire e gestire un fondo immobiliare chiuso con il patrimonio immobiliare da dismettere (cosiddetto “fondo Scoiattolo”) .

All’odierna camera di consiglio, nella quale è stato trattato l’incidente cautelare avanzato con l’appello, le parti hanno concordemente rinunciato ai termini di cui agli artt. 105, comma 2 e 87, comma 3, cod. proc. amm., ai fini di una pronuncia immediata nel merito.

I) La sentenza impugnata ha argomentato il difetto di giurisdizione amministrativa sulle seguenti circostanze:

- gli immobili da dismettere, tra i quali quello del ricorrente, non sono di proprietà del fondo, che, ai sensi degli artt. 1, 22 e 36 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, è privo di autonoma soggettività giuridica, né di BNP Paribas, che si limita a gestirlo in applicazione delle norme appena citate; essi restano pertanto di proprietà della Cassa;

- la Cnpr, trasformata in associazione in forza del d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509, ha natura sostanzialmente pubblica, essendo sottoposta, secondo l’art. 3 del medesimo decreto legislativo, a vigilanza ministeriale e al controllo successivo della Corte dei conti sulla gestione, avendo funzione assistenziale e previdenziale, e attesa l’obbligatorietà dell’iscrizione da parte dei ragionieri e dei periti commerciali (art. 1 d.lgs. n. 509);

- l’art. 119, comma 1, cod. proc. amm. assoggetta a rito speciale, tra gli altri, i ricorsi avverso i provvedimenti relativi alle procedure di dismissione di beni pubblici: poiché l’art. 133 cod. proc. amm. non annovera la suddetta materia tra quelle rientranti nella giurisdizione esclusiva, sulle impugnazioni di tali provvedimenti il giudice amministrativo ha giurisdizione di legittimità;

- la controversia in esame ha per oggetto il prezzo di compravendita del bene, e in particolare i criteri di determinazione, fissati dall’art. 3 d.l. 25 settembre 2001, n. 351, conv. nella legge 23 novembre 2001, n. 410, in assenza quindi di qualsiasi valutazione discrezionale;

- la controversia stessa ha quindi per oggetto meri atti negoziali, sprovvisti di natura provvedimentale: la cognizione in merito appartiene pertanto alla giurisdizione ordinaria.

II) Avverso la sentenza impugnata il ricorrente deduce l’erroneità della riduzione della materia del contendere alla sola determinazione del prezzo; l’appartenenza della controversia alla giurisdizione amministrativa in ragione della natura di ente pubblico della Cnpr, alla quale va ricondotta la proprietà dell’immobile, e dei caratteri pubblicistici dell’intera procedura di dismissione, soggetta a una procedura di evidenza pubblica nella fase di conferimento al fondo immobiliare, e strettamente regolamentata nella fase della vendita (art. 3, comma 11 bis. d.l. 6 luglio 2012, n. 95, conv. nella legge 7 agosto 2012, n. 135 e legge n. 410 del 2001), caratteri rispetto ai quali emerge la posizione di interesse legittimo del ricorrente; il ruolo di concessionario di pubblico servizio rivestito dal BNP Paribas, che agisce in luogo della pubblica amministrazione.

Quanto al merito della questione, l’appellante ribadisce che l’operazione di dismissione è avvenuta in violazione della legge n. 410 del 2001, ed in particolare dell’art. 3, comma 3, che prevede il diritto di opzione e quello di prelazione in favore dei conduttori delle unità immobiliari, e dei successivi commi 7 e 8, che stabiliscono i criteri per la determinazione del prezzo.

Trattandosi, quindi, di dismissione immobiliare da parte di un ente previdenziale inserito nel conto economico dello Stato, ed essendo stato l’invito rivolto agli inquilini dell’immobile di cui trattasi in data successiva al 15 agosto 2012 (data di entrata in vigore della legge 7 agosto 2012, n. 135), la procedura avrebbe dovuto rispettarne le prescrizioni, mentre la proposta di vendita non fa alcun riferimento al diritto di prelazione che spetta al conduttore e che è previsto dall’art. 3, comma 11 bis della suddetta legge, né rispetta i termini e i parametri per la determinazione del prezzo specificati dalla legge.

L’appellante conclude quindi per la riforma della sentenza impugnata e l’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti impugnati.

III) Avverso la medesima sentenza hanno proposto appello incidentale la Cassa intimata e la società di gestione del risparmio BNP Paribas, ribadendo la natura di soggetto privato del fondo Scoiattolo, al quale era stata trasferita la proprietà degli immobili da dismettere. Il primo giudice, secondo gli appellanti incidentali, ha erroneamente ritenuto che gli immobili stessi siano tuttora della Cassa, dimenticando sia gli effetti traslativi della piena proprietà degli atti pubblici di conferimento al fondo, sia la definizione di fondo comune di investimento posta dall’art. 1, comma 1, lettera j) del d.lgs. n. 58 del 1998 (Testo unico sulla finanza), quale “patrimonio autonomo” rispetto agli investitori che lo costituiscono, e l’autonomia patrimoniale che gli è riconosciuta dal successivo art. 36. Le disposizioni citate attribuiscono la soggettività al fondo, ente che risponde con il proprio patrimonio, sul quale i creditori delle quote del fondo e i creditori della società di gestione del risparmio che lo ha istituito e che lo gestisce non possono rivalersi, e al quale, nella fattispecie in esame, è stata trasferita la titolarità dei beni immobiliari di cui trattasi, la cui vendita integra un contratto tra soggetti privati.

Errata è anche, nella prospettazione degli appellanti incidentali, la qualificazione della Cassa come soggetto di natura pubblica: l’art. 1 del d.lgs. n. 509 del 1994 ha stabilito l’assunzione, a far data dal 1° gennaio 1995, della personalità giuridica di diritto privato per gli enti, contestualmente trasformati in associazioni o in fondazioni, nominativamente elencati, tra i quali la Cnpr che, in ossequio alla norma, con deliberazione del 26 novembre 1994 ha modificato il proprio stato giuridico, assumendo la forma di associazione. A tale conclusione non vale opporre la perdurante vigilanza del Ministero e della Corte dei conti, che è correlata non alla personalità di diritto pubblico della Cassa, ma alla funzione pubblica previdenziale da essa svolta, quale soggetto privato; così come l’inclusione nel conto economico dello Stato, da parte dell’Istat, non ne costituisce la natura di ente pubblico. Di conseguenza, i beni di proprietà della Cassa fanno parte di un patrimonio immobiliare privato, e i relativi processi di alienazione sono sottratti alle norme sulla dismissione dei beni pubblici: l’art. 1, comma 38, della legge 23 agosto 2004, n. 243 esclude espressamente la vendita dei beni degli enti previdenziali privatizzati dall’applicazione del d.lgs. 16 febbraio 1994, n. 104, che è limitato agli immobili degli “enti previdenziali di natura pubblica”. Il Tribunale amministrativo ha quindi errato nel ritenere che l’art. 119, comma 1, cod. proc. amm. abbia superato la suddetta esclusione, mediante la menzione del giudizio sui provvedimenti relativi alla privatizzazione di beni pubblici nel novero di quelli assoggettati al rito abbreviato: trattasi, infatti, di norma processuale, che non incide sulla disciplina sostanziale di cui alla citata legge n. 243 del 2004.

IV) La controversia all’esame del Collegio concerne l’appartenenza del ricorso avverso atti della procedura di vendita di beni già appartenenti alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali alla giurisdizione amministrativa, rivendicata dall’appellante, piuttosto che a quella ordinaria, riconosciuta dalla sentenza impugnata.

IV.a) L’appello è infondato, e può pertanto prescindersi dall’esaminare le eccezioni preliminari sollevate dalle parti resistenti, relative all’inammissibilità dell’appello e/o del ricorso di primo grado.

Va innanzitutto rilevato che erroneamente il primo giudice ha ritenuto, a tal fine, dirimente l’art. 119, comma 1, lett. c) cod. proc. amm., che assoggetta al rito abbreviato ivi previsto le controversie relative ai provvedimenti inerenti le procedure di dismissione di beni pubblici: è chiaro, infatti, che la norma, di carattere processuale, si riferisce alle controversie che appartengono alla giurisdizione amministrativa, ma è del tutto inidonea a definire il confine di tale giurisdizione, definizione per la quale valgono altri parametri, di natura e portata sostanziale.

Nella fattispecie in esame, assume invece preminente rilievo l’art. 38, comma 1, della legge n. 243 del 2008, che espressamente esclude gli enti privatizzati ai sensi del d.lgs. n. 509 del 1994 (tra i quali rientra la Cnpr, come da elenco A allegato al d.lgs.) dall’applicazione del d.lgs. n. 104 del 1996 in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici, il cui mancato rispetto l’appellante ha dedotto in primo grado. Come evidenzia l’appellante incidentale, l’art. 119 cod. proc. amm. riproduce l’art. 23 bis della legge 6 dicembre 1971, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205, e quindi tenuto presente dal legislatore del 2008 nel disporre l’esclusione in discorso.

Non condivisibile, in conclusione, è la portata abrogatrice attribuita dal Tar alla disposizione processuale: essendo evidente che l’assoggettamento al rito abbreviato riguarda le controversie, nelle materie indicate, che appartengono alla giurisdizione amministrativa, ma non possono essere riferite a quelle che a tale giurisdizione sfuggono.

IV.b) La sentenza in esame, pur negando la giurisdizione amministrativa, definisce la Cassa quale ente pubblico. Tale definizione, peraltro, è smentita dall’iscrizione dell’ente tra quelli che il d.lgs. n. 509 del 1994 assoggetta a trasformazione in persone giuridiche private (trasformazione, come si è detto, deliberata dalla Cassa il 26 novembre 1994). Né, a far emergere la natura di ente pubblico postulata dal Tar, può valere l’inclusione nel conto consolidato elaborato dall'Istat ai sensi dell'art. 1 comma 5 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e dell'art. 1 comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

Come ha rilevato questo Consiglio di Stato (sez. VI, 28 novembre 2012, n. 6014), la trasformazione operata dal d.lgs. n. 509 del 1994 ha lasciato immutato il carattere pubblicistico dell'attività istituzionale di previdenza ed assistenza svolta dagli enti in esame, che conservano una funzione strettamente correlata all'interesse pubblico: è a tale attività, e alla connessa rilevanza, che si correlano il potere di ingerenza e di vigilanza ministeriale e il controllo della Corte dei conti, anche in considerazione che il finanziamento connesso con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali, insieme alla obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione, garantiti agli enti previdenziali privatizzati dall'art. 1 comma 3 del predetto decreto legislativo, valgono a configurare un sistema di finanziamento pubblico, sia pure indiretto e mediato attraverso risorse comunque distolte dal cumulo di quelle destinate a fini generali.

E’ quindi l’attività degli enti previdenziali privatizzati ad avere rilievo pubblicistico: ma tale conclusione non impinge sulla natura della loro personalità giuridica, che il d.lgs. n. 509 attrae inequivocabilmente nella sfera privatistica.

La vendita del patrimonio immobiliare rientra nella sfera di capacità propria della persona giuridica privata e non ha attinenza con l’attività previdenziale in forza della quale alla Cassa è riconosciuto rilevo pubblicistico: è quindi evidente l’errore del Tar che ha negato la personalità di diritto privato in capo alla Cnpr, senza distinguere tra attività di rilievo pubblicistico e capacità di diritto privato. A tanto si deve aggiungere, più in generale, che anche i soggetti inequivocabilmente pubblici hanno capacità di diritto privato, e possono agire quali soggetti dotati di personalità giuridica privata: la qualità del soggetto agente non è, quindi, di per sé indice dell’esplicazione dell’una, piuttosto che dell’altra, capacità e personalità giuridica.

In conclusione, la vendita del patrimonio immobiliare da parte della Cassa, ente di diritto privato quanto alla soggettività giuridica, rientra nella sua sfera di capacità negoziale privata.

A tanto, offre positiva conferma l’art. 1, comma 38, della legge n. 243 del 2004 che, come si è detto, esclude gli enti previdenziali privatizzati dall’osservanza della normativa in tema di dismissione dei beni pubblici, con ciò valorizzando l’estraneità del relativo patrimonio dalla sfera di rilevanza pubblica, così confermando quanto già disposto dal d.l. n. 351 del 2001, conv. nella legge n. 410 del 2001 che, nell’art. 3, commi 10 e 11, riferisce la relativa normativa sulle dismissioni agli “enti previdenziali pubblici”.

IV.c) L’appartenenza della controversia al giudice ordinario è, peraltro, da confermare anche per altre motivazioni, diverse da quelle fatte proprie dal Tar e sottolineate dagli appellanti incidentali.

Fermo restando che l’attività di vendita dell’immobile da parte di un soggetto giuridico dotato di personalità di diritto privato costituisce esplicazione della corrispondente capacità e rientra, quindi, nell’ambito di analisi della giurisdizione ordinaria, occorre sottolineare come, nella fattispecie in esame, la Cassa abbia fatto uso di tale capacità negoziale conferendo i propri immobili ad un fondo costituito ai sensi degli artt. 12 bis e 15 del decreto ministeriale 24 maggio 1999, n. 228.

A tal fine, la Cassa ha stipulato il contratto per la costituzione e la gestione del fondo in data 10 novembre 2011 con la società di gestione del risparmio BNP Paribas, scelta in esito ad apposita gara, trasferendo con atti del 21 dicembre 2011 e del 15 maggio 2012 i propri immobili al fondo stesso (essendo, come si è più volte detto, svincolata dalle procedure di dismissione dei beni pubblici).

L’immobile di cui è causa, insieme agli altri trasferiti, all’epoca dei fatti faceva quindi parte del patrimonio autonomo del fondo Scoiattolo, al quale, come documentato in atti, era catastalmente intestato: esso non era più nella disponibilità della Cassa, e anche sul punto la sentenza impugnata, che ne ha rilevato la perdurante proprietà in capo Cassa sulla scorta della mancanza di soggettività giuridica del fondo, non è condivisibile. Indipendentemente dalla vexata quaestio relativa alla natura giuridica dei fondi di investimento di cui al Testo unico sulla finanza, e alla conseguente capacità giuridica anche con riferimento a quella dei partecipati e della società di gestione, va infatti sottolineato che, ai sensi degli artt. 1, lett. j) e 36, comma 6, del citato T.U., i fondi sono “organismi” costituti da un patrimonio autonomo, distinto da quello della società di gestione e da quello dei partecipanti, sul quale vanno soddisfatte esclusivamente le obbligazioni contratte per conto del fondo stesso; essi costituiscono quindi un centro di imputazione giuridica dotato, quantomeno, di soggettività autonoma.

Conseguenza ineludibile delle osservazioni che precedono è che la questione relativa alla capacità di disporre degli immobili conferiti al fondo Scoiattolo non può essere risolta con la apodittica semplicità del Tar, ma richiede anch’essa strumenti di analisi che sfuggono alla giurisdizione amministrativa, per essere riservati a quella ordinaria (art. 8 cod. proc. amm.).

V) In conclusione, in forza:

- della natura giuridica di ente privato della Cassa;

- dell’appartenenza della capacità negoziale di cui è causa alla sfera di personalità privata della stessa

- della (conseguente) esclusione dalle procedure di dismissione dei beni pubblici normate dal d.lgs. n. 104 del 1996, esplicitamente prevista dalla legge n. 243 del 2004;

- dell’appartenenza del patrimonio immobiliare al fondo, organismo appositamente costituito con la società di gestione del risparmio,

la controversia in esame appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario.

Pertanto, l’appello principale è infondato e deve essere respinto, mentre quelli incidentali meritano accoglimento: la sentenza impugnata deve, in conclusione, essere confermata nel dispositivo, seppure con motivazione diversa.

Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti anche per questo secondo grado.

P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge l’appello principale in epigrafe indicato e, in accoglimento degli appelli incidentali come sopra proposti, conferma con diversa motivazione la sentenza impugnata.

Spese compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 agosto 2014 con l'intervento dei magistrati:

Maurizio Meschino, Presidente FF

Sergio De Felice, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore

Carlo Mosca, Consigliere


 







 







L'ESTENSORE




IL PRESIDENTE

 







 







 







 







 







DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/10/2014



IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Yüklə 37,89 Kb.

Dostları ilə paylaş:




Verilənlər bazası müəlliflik hüququ ilə müdafiə olunur ©www.genderi.org 2024
rəhbərliyinə müraciət

    Ana səhifə